Poison Pills ---> Te lo dico io perchè

P I L L O L E A V V E L E N A T E S E N Z A E F F E T T I C O L L A T E R A L I

venerdì, febbraio 03, 2006


Perchè condensare un capolavoro della letteratura in poche righe

«Renzo e Lucia rimandano le nozze finché il lettore non ne può più, e allora si sposano». E’ firmata da Daniele Luttazzi e non è che una delle possibili varianti sintetiche dei Promessi Sposi. In realtà, non si tratta solo di un riassunto fulmineo, ma anche di un giudizio (scherzoso) sulla qualità del romanzo: «finché il lettore non ne può più…». Non è un caso. Il riassunto è necessariamente un’interpretazione, anche quando non sembra. L’unico riassunto non interpretativo sarebbe la riproduzione esatta dell’opera che intendiamo riassumere: dunque non è più un riassunto ma una copia. Come le interpretazioni, non tutti i riassunti sono ugualmente validi. Riassumendo così le Ultime lettere di Jacopo Ortis: «Ortis ama Teresa, ma questa non gliela dà, e lui s’uccide», Luttazzi propone una lettura amorosa che tralascia una serie di aspetti fondamentali del romanzo di Foscolo, a cominciare dalle sue ragioni politiche. Ma lo scopo di Luttazzi, si sa, è il paradosso e di conseguenza la risata. Se il suo scopo fosse stato vagamente ideologico, avrebbe potuto sintetizzare l’Ortis così: «Ortis è uno spirito libero e non sopporta l’oppressione straniera sul suo popolo, anche per questo si uccide». Rivelare un aspetto dell’opera significa tenerne in ombra un altro. Se poi il riassunto deve restare entro i limiti delle 160 battute di un sms, allora le cose si complicano di molto e ciò da lasciare nell’ombra è nettamente superiore a quel poco che si decide di mettere in evidenza. «Esporre la trama di un romanzo – ha scritto un grande critico come Edmund Wilson – o il sommario di un’opera storica o filosofica costituisce la parte più ingrata del lavoro di un recensore, ma ne è al tempo stesso la parte essenziale. Bisogna dare modo al lettore di farsi una sua opinione personale del libro, indipendentemente d quello che può pensarne il recensore stesso; per ogni recensore e per ogni critico è una questione di fondamentale disciplina riassumere con parole sue il succo di un libro». Il succo è una bella metafora. La spremuta. In realtà i linguisti definiscono il riassunto come una «parafrasi riduttiva di un testo, a vari livelli di generalità» (Gianluigi Beccaria). E aggiungono che «se qualcosa è un testo, deve essere possibile darne una versione sintetica». Lo sanno bene i redattori di un giornale quando devono titolare un articolo: quando un testo è chiaro, la titolazione è più semplice, se il servizio è confuso, la titolazione è un’impresa. In un elogio del riassunto di molti anni fa, Umberto Eco ricordava che si tratta di un’arte utilissima, un po’ come l’uso di imparare a memoria una poesia: ci faceva soffrire a scuola, ma più passano gli anni più ti accorgi della sua utilità, perché col tempo quella poesia non ti lascia più. «Fare riassunti – scriveva Eco – insegna a condensare le idee, in altre parole insegna a scrivere». Insegna a organizzare una sequenza, quella che in termini tecnici si definisce la «dispositio», cioè a stabilire la gerarchia delle informazioni. Il riassunto di un romanzo comprende la capacità di immagazzinare la sua trama e il suo messaggio e quella di elaborare e recuperare selettivamente le informazioni di quella lettura, a seconda dello spazio di cui dispongo. Posso riassumere l’Iliade come fa la Garzantina, in due-tre fittissime pagine, canto per canto, dove si racconta chi sono Agamennone, Elena, Paride, Menelao, Achille, Ettore eccetra. Oppure se dispongo di 40 battute, posso sintetizzare: Ultimi 51 giorni d’assedio acheo a Troia.