Poison Pills ---> Te lo dico io perchè

P I L L O L E A V V E L E N A T E S E N Z A E F F E T T I C O L L A T E R A L I

lunedì, gennaio 30, 2006

Perchè bisogna credere nei numeri... Abramo Lincoln e JFK
Misteri dei numeri. E potere dei numeri. Che sia casualità o mistero, i numeri sono inequivocabili. Non credo nei fantasmi, ma nella FORZA DEI NUMERI si. E credo nei famosi "corsi e ricorsi storici" di Giambattista Vico.
Coincidenze increcibili costellarono la vita e la morte dei presidenti americani Abramo Lincoln (1809-1865) e John Fitzgerald Kennedy (1917-1963). Si racconta che Lincoln appaia sempre alla vigilia della morte di un altro presidente e pare, infatti, che sia apparso anche a John Kennedy il giorno prima di partire per Dallas, sua ultima fatale visita. Tantissime e straordinarie sono le concordanze, che accomunano la vita e la morte di questi due presidenti. Troppe, per essere sbrigativamente attribuite al caso.
Innanzitutto, Lincoln venne eletto presidente nel 1860. Kennedy, esattamente 100 anni dopo, nel 1960. Lincoln fu ucciso di venerdì, alla presenza della moglie. Anche Kennedy venne assassinato mentre era al fianco di sua moglie, e di venerdì. Ad entrambi i presidenti spararono, e tutti e due furono colpiti da dietro e alla nuca. Subito dopo l'attentato, ricevettero i primi soccorsi dalla propria moglie. Lincoln e Kennedy morirono senza riprendere conoscenza.
Oltre ai particolari della morte in comune, ne esistono altri. La moglie del presidente Lincoln perse un figlio, mentre risiedeva alla Casa Bianca. La stessa cosa accadde alla moglie di Kennedy. Sia Lincoln che Kennedy avevano avuto 4 figli e, al momento della loro uccisione, solo 2 di questi erano vivi. Il vice di Lincoln si chiamava Johnson ed era nato nel 1808. Il vice di Kennedy si chiamava, pure, Johnson ed era nato nel 1908, a distanza di 100 anni esatti dall'altro.
L'assassino di Lincoln si chiamava John Wilkes Booth ed era nato nel 1839. L'assassino di Kennedy, Lee Harvey Oswald, era nato nel 1939, 100 anni dopo l'altro. E', pure, perlomeno curioso osservare che la somma delle lettere che compongono nome e cognome dell'assassino di Lincoln dà 15 come totale e così è anche per l'assassino di Kennedy.
Ma le coincidenze straordinarie non finiscono qui. John Wilkes Booth e Lee Harvey Oswald erano entrambi sudisti. Tutti e due i presidenti avevano condotto aspre battaglie per i diritti civili dei negri: Lincoln con il Proclama di Emancipazione e Kennedy con la legge sui Diritti Civili. Al momento dell'attentato Lincoln e Kennedy si trovavano assieme, oltre alle proprie mogli, ad una coppia di amici. Per quanto riguarda le coppie di amici, le donne rimasero illese, gli uomini furono feriti dagli attentatori (il maggiore Rathbone nel 1865 e il governatore Connally nel 1963).
Il segretario di Lincoln si chiamava Kennedy e cercò di dissuadere il presidente dall'andare a teatro quella sera. La segretaria di Kennedy si chiamava Lincoln e, anche lei, tentò di convincere il presidente a non andare a Dallas. Un altro fatto abbastanza singolare è che il marito della donna si chiamava Abraham, come Lincoln. Quando avvenne l'attentato, Kennedy stava attraversando le vie di Dallas su un'auto - guarda caso - di marca Lincoln, prodotta dal gruppo Ford. Booth assassinò Lincoln in un teatro e si rifugiò in un magazzino. Oswald sparò a Kennedy da un magazzino e si rifugiò in un teatro. Booth spirò 11 giorni dopo Abramo Lincoln, entrambi alle 7,20 del mattino. Oswald morì 48 ore dopo Kennedy, pure, alla stessa ora, le 13. A Lincoln successe Andrew Johnson e a Kennedy Lindon Johnson. Durante il loro ultimo anno di presidenza, sia Andrew sia Lindon Johnson furono travolti da uno scandalo politico, che impedì loro di candidarsi per un nuovo mandato.
Forza dei numeri o caso? La scelta la lascio a voi...

domenica, gennaio 29, 2006

Perchè VirZi appare un pò troppo poco in questo blog...

Perchè i duri sono altri...

Perchè c'è sempre qualcosa che ti sorprende...
Porquè no derbi de Lisboa è melhor nao ter pose de favorito...
Aguia chora...
Voltou a acontecer. Estava o Benfica em pose de favorito, após acumular triunfos em série, quando foi surpreendido pelo seu arqui-rival da Segunda Circular de uma forma inapelável, com um resultado que espelha a diferença de produção dos dois conjuntos. Foi, sobretudo, a criatividade e determinação do meio-campo do Sporting a ditar leis ontem na Luz. Quase sempre mais rápidos sobre o esférico e com maior capacidade de circulação, os leões obrigaram o adversário a ficar muito tempo na expectativa do golpe fortuito ou dos lances de bola parada. Mas, na verdade, o sistema do carrossel dianteiro dos encarnados emperrou, por falta de profundidade, de imaginação e de inspiração. Travar Geovanni e, em particular, Manduca, foi quase uma brincadeira de crianças. Mas, ainda mais inesperadas, foram as infantilidades defensivas que permitiram ao conjunto de Paulo Bento operar a reviravolta.
O desafio, realizado quase na íntegra sob uma chuva intensa, foi desagradável na primeira meia-hora. Muitos passes errados, uma sucessão de jogadas inconsequentes, ainda assim com mais bola para o Sporting - nesta fase ainda quase inócuo em termos ofensivos, demorando até aos 20' para abrir as hostilidades com uma vistosa iniciativa de Moutinho e Sá Pinto concluída por Liedson. Foi também do céu que caiu o golo inaugural. Um livre apontado sobre a direita por Simão e um gesto também ele ingénuo de Custódio a levar a mão ao esférico. O camisola 20 converte (foi o seu terceiro penálti em três jogos) e a vantagem parecia ser o estímulo extra para a gestão do jogo do Benfica, ante um adversário que precisava dos três pontos para se manter na corrida pelo título.
Mas o leão estava nutrido de fibra. Manteve a sua arrogância em campo e lançou-se, voraz, à baliza de Moretto, aniquilando as ténues tentativas encarnadas em transportar o jogo para a frente. A actuar em losango, logrou, com a generosidade de Carlos Martins e de João Moutinho, anular as subidas dos laterais contr*rios (Alcides e Nélson realizaram, porventura, as suas piores exibições de *guia ao peito), enquanto o quarteto dianteiro se via completamente manietado pelo acerto defensivo do Sporting. Quem diria... A vantagem do Benfica ao intervalo representava já um castigo pesado para os forasteiros, a quem faltara sobretudo a eficácia da finalização.
E se faltara na primeira parte, a eficiência do ataque do Sporting - ou de Liedson, em rigor -, assinou o ponto nos segundos 45'. O triunfo haveria de se construir com lances polémicos cuja discussão vai durar, mas também com uma incapacidade de Ronald Koeman em lançar mão atempadamente das soluções que dispunha no banco. Nuno Gomes pareceu ter sido derrubado por Tonel, no que poderia ser o 2-0, provavelmente fatal. A grande penalidade de Beto sobre Liedson pode deixar algumas dúvidas e foi sinalizada pelo auxiliar sobre quem o Benfica acusara o Sporting de estar a exercer pressão. Material suficiente para grandes controvérsias de natureza metafísica (diga-se assim, por optimismo).
À margem dessa discussão, a verdade é que os encarnados não conseguiram soltar-se, e a inércia não era apenas de um meio-campo passivo, mas também de uma organização ofensiva sem soluções. Só ao fim de uma hora, Koeman tentou alterar o rumo do jogo, mas de uma forma conservadora, substituindo o inexistente Manduca por mais um jogador de contenção (Manuel Fernandes). O sector defensivo do Sporting ficava ainda mais folgado e o convite a ocupar o meio-campo contrário era irresistível.
Em vinte minutos, Liedson dà a volta ao jogo. Sofre a falta de Beto no lance de grande penalidade e d* sequência a dois lances que se iniciam com dois pontapés longos de... Ricardo. Muito mais veloz do que a concorrência, o camisola 31 testou os rins de Luisão - curiosamente, na primeira volta em Alvalade tinha saltado mais alto que o central para a vitória, e deve sentir, por isso vingado, o golo que, na prática, deu o título da época passada - e pareceu supersónico ao lado de Alcides.
Foi, em suma, um triunfo inteiramente merecido e que recoloca Liedson na galeria dos grandes heróis de Alvalade. Mas, mais relevante no momento, relança o Sporting como candidato, de argumentos sólidos, ao título - agora com três pontos de desvantagem sobre o actual detentor do troféu.

Porquè hà OS e AS Alamedas...

Perchè di questo passo, giocando così male,
feste del genere non si faranno più...
CACCIAMO IL CICCIONE MALEFICO!!!

(Perchè) I used to be a player...
but now I'm engaged...
Perchè certa gente non vuole stare con i piedi per terra...
Sono 15 anni che vive su un albero perchè cornuto!
Kapila Pradhan di Tarzan se ne fa un baffo. Indiano dello stato centro-orientale di Orissa, l'uomo ha 45 anni; gli ultimi 15 li ha passati su un albero a otto metri da terra. Ci si è rifugiato quando nel villaggio le malelingue hanno iniziato a insinuare una relazione clandestina tra la moglie e il fratello di Kapila. Unione che adesso, in effetti, è uscita allo scoperto.
Secondo la testimonianza della suocera, le discussioni in casa Pradhan cominciarono con la nascita del primo figlio. Durante la grande festa organizzata per l'evento, cominciò a serpeggiare la voce che la moglie di Kapila lo tradisse con il cognato. Gli scontri si fecero col tempo sempre più accesi, finché l'uomo decise di salire sull'albero. Da allora né le richieste degli amici e parenti, né il terribile ciclone che nel 1999 ha devastato l'intero stato dell'Orissa provocando migliaia di morti, lo hanno fatto desistere dal suo intento.
Per lui ora, comunque, l'integrazione sarebbe difficile. La moglie ha realmente cominciato una relazione con suo fratello, Babuan, dal quale ha avuto un figlio. "Quando mio fratello se ne è andato - ha detto Babuan - ed ho capito che non sarebbe più tornato ho preso con me mia cognata. Che potevo fare?". Il villaggio si è diviso in due fazioni: alcuni sono d'accordo con la moglie; altri non ammettono questa unione alle spalle di Kapila e lo pregano perché scenda dall'albero e si riappropri della sua famiglia.
Il Tarzan delle Indie però non ne vuole sapere. Oramai, dice, ha trovato la sua dimensione, cucina il cibo che trova nella foresta, vive con gli alberi e gli animali. "L'unica cosa che mi dispiace - ha detto - è che mia madre soffre per questo. Ma deve rispettare la mia decisione, per me nel villaggio non c'è più posto, la mia casa è questa".

sabato, gennaio 28, 2006

Porquè a veces las vacas se quedan locas...

Perchè c'è Giulia, perchè c'è Paola, perchè c'è Noemi... auguri Noemi!!!
Perchè bisogna fare l'amore...e spesso...
Fare l’amore placa l’ansia e mette in funzione ormoni deputati al self control. Può addirittura diventare la ricetta ideale prima di parlare in pubblico, perchè aiuta a farlo con grande sicurezza...
Negli ultimi giorni se ne parla molto sui giornali. Per questo credo sia giusto che tutti ne siano informati...

Che l’amore facesse bene al corpo e allo spirito si sapeva. Ora però lo psicologo scozzese Stuart Brody, della University of Paisley, comunica ulteriori, specifici, benefici dati da una buona attività sessuale.
Il dottor Brody ci informa infatti che fare sesso prima di tenere un discorso pubblico è il modo migliore per acquistare sicurezza, sconfiggere l’ansia e mantenere la giusta concentrazione di fronte alla platea. Purché si tratti di sesso vero – completo, per intenderci – e non di semplici preliminari, carezze, baci o anche masturbazione, che a quanto pare non influiscono in nessun modo sull’alto livello di stress di chi si accinge a intrattenere il pubblico.
Lo psicologo scozzese ha raggiunto queste conclusioni dopo aver monitorato le condizioni fisiche di 24 donne e 22 uomini a cui era stato chiesto di tenere un diario della propria attività sessuale e delle varie modalità in cui questa avveniva. Gli stessi soggetti sono stati sottoposti a interrogazioni di argomento matematico-scientifico e a test che prevedevano la presentazione di discorsi in pubblico, e il professor Brody ha quindi cercato di trovare delle corrispondenze tra il comportamento psicofisico di ognuno e quanto da loro annotato sul diario.
Risultato: coloro che prima delle prove non avevano fatto sesso si sono rivelati i più ansiosi e stressati, con la pressione alle stelle. Niente ipertensione invece in coloro che – per caso o per fortuna – si erano concessi un rapporto completo con il proprio partner: è stata infatti di questi fortunati soggetti la performance migliore sia di fronte al pubblico che nei test cognitivi, a conferma del fatto che – davvero – fare sesso è un toccasana in tutti i sensi.

Perchè con Micki e Mattia è Natale tutti i giorni...

venerdì, gennaio 27, 2006

Porquè beijar na face se a boca està tao perto? Issa è boa pregunta...
Perchè Josè Mourinho è un Vincente
Tra le sue mille qualità non rientra la simpatia, questo è poco ma sicuro. Sorride raramente, ogni volta che apre bocca è una sentenza contro qualcuno o a favore dell’uomo da lui più amato, ossia egli stesso. Ma così come un giocatore va valutato per il suo rendimento all’interno del rettangolo verde, alla stessa stregua un allenatore va giudicato per come fa giocare le sue squadre e per quello che vince. E quando i dati diventano oggettivi, anche i detrattori sono costretti ad arrendersi e ad ammettere che se esistesse un corrispettivo del Pallone d’Oro per i tecnici, quello del 2004 e quello del 2005 sarebbe dovuto andare a José Mourinho.
Figlio di Felix, ex portiere del Vitoria Setubal, José ama raccontare che già a 15 anni la sua testa era abitata da un’unica ossessione: quella di fare l’allenatore. Chi lo conosce bene sostiene che quella che agli altri appare presunzione e arroganza altro non è che un modo per compensare la modestia che impedì al papà di avere la carriera che forse avrebbe meritato. Fin da bambino, seguendo il genitore, che una volta smessi i panni di portiere prova a intraprendere la carriera di tecnico, respira l’atmosfera dello spogliatoio e da adolescente comincia a redigere rapporti con le caratteristiche dei vari calciatori.
Il papà ammira questa sua capacità e ben presto lo spedisce a seguire le squadre avversarie. Intanto prova anche la strada del calciatore, un terzino vecchia maniera, ma in quel contesto Mourinho è consapevole di non poter superare la soglia della mediocrità. I genitori insistono per fargli prendere il diploma ma lui si iscrive all’Isef di Lisbona, divora gli esami, comincia ad allenare le giovanili del Vitoria e nel frattempo vola in Scozia per prendere il patentino di tecnico Uefa. Ora i titoli ci sono, manca una squadra che gli offra l’opportunità per dimostrare le sue capacità.
L’occasione arriva nel 1992, quando diventa assistente di Bobby Robson, tecnico fondamentale per la sua formazione, allo Sporting Lisbona. Inizia allora la stesura della Bibbia di Mourinho, un taccuino dove trascrive relazioni dettagliate di tutte le sedute di allenamento e che ancora oggi il tecnico continua ad aggiornare. Nel 1996 Robson approda al Barcellona e José lo segue; l’anno successivo i catalani affiancano loro un certo Van Gaal, l’altro allenatore da cui Mourinho sostiene di aver appreso molto.
Quando Robson lascia il Barça il portoghese resta al fianco dell’olandese fino alla stagione 1999/2000. Ma ormai José è un tecnico a tutti gli effetti e il ruolo di secondo gli va stretto. Per questo accetta di corsa l’opportunità offertagli dal Benfica, ma la sua esperienza, a causa del cambio di potere in seno alla società, dura la miseria di nove partite, ma qui ha la possibilità di conoscere ed apprezzare le capacità dei giovani Maniche e Deco, poi colonne del suo Porto Padrone d'Europa.
Mourinho non è però uno che si arrende, e ricomincia dall’Uniao Leira, squadra che trascina al quarto posto quando, nel 2001, arriva la chiamata di un Porto in piena crisi. Il resto è storia recente: in poco tempo, grazie alla formula “Motivazione+organizzazione+spirito di squadra=successo”, riorganizza prima il club e poi la squadra rendendola vincente. Nel 2002/03 conquista la Coppa Uefa e lo scudetto, l’anno successivo addirittura conduce i biancoblu sul tetto d’Europa trionfando in Champions League. Successi che attirano la curiosità di Abramovich che, per averlo al Chelsea, non bada a spese.
In Inghilterra Mourinho si rimette in discussione sotto ogni aspetto. Calcisticamente parlando dimostra di meritare la stima e l’ammirazione che lo circondano. Non è semplice infatti trasformare un gruppo di grandi campioni in una squadra, eppure Mourinho ci riesce in pochi mesi, dando ai Blues un’identità ben precisa. Per farlo arriva a mettere in discussione il suo credo tattico; il 4-4-2 che aveva reso grande il Porto non è applicabile al Chelsea per la mancanza degli uomini giusti al posto giusto. Mourihno punta così sul 4-3-2-1, o 4-3-3 che dir si voglia, modulo che trasforma i londinesi in una macchina da gol in fase offensiva ma anche in un insuperabile baluardo in difesa. Se un appunto gli si può muovere, è che le sue formazioni non divertono, concetto assolutamente soggettivo, visto che vincere tutte le partite alla fine sazia il palato anche del tifoso più esigente. Boria o non boria, Mourinho continua a vincere. Se qualche volta riuscesse anche a sorridere sarebbe perfetto. Ma forse non sarebbe più Mourinho e il calcio avrebbe un eroe positivo in meno.

Perche' ieri e' solo la memoria di oggi e domani ne e' il sogno...

Porque' fazem falta as Gemeas Al Qaedas, MJay, Bessi e Joana?
Cristina, Bessi e Joana ninguem sabe...
Mas Susana e MJay agora sao doutoras!!!
Pode ser que ficarom estudando? Pode ser...
Parabens NOVAS DOUTORAS ALAMEDAS...

Porque' si hay un Jefe tiene que estar tambien un Socio, y si hay una Cara no puede faltar una Cruz...
Perchè ve la racconto io l'Odissea...

S'è di Ulisse, poveretto
poco scritto e poco detto...
per colmare la lacuna,
ora io... ne dico una.

Su uno scafo alla deriva,
fa una gita alternativa
e nei porti ch'egli avvista
fa una sosta o fa provvista.

Da Calipso giu' in riviera,
fa una sosta in primavera...
All'Osteria con i Feaci
mangia zuppa di spinaci...

Dalla Circe, industriale
della frutta e del maiale,
fa una scorta, in promozione,
di prosciutto e di melone.

Poi, siccome ha rotto un remo,
va al cantier di Polifemo
e lo prega giu' in ginocchio
"Alla chiglia dammi un'occhio!".

Ora Ulisse ha le visioni,
scambia i mesi e le stagioni,
scambia i tonni e le balene
con bellissime sirene.

La consorte, con coraggio,
gli ricama un plaid da viaggio,
ed aspetta ogni mattina
una qualche cartolina...

Ma l'Ulisse segue i venti
non telefona ai parenti...
egli è il primo leggendario,
navigatore solitario!

Perche' nella rugiada delle cose da poco il cuore conosce la freschezza del proprio mattino...

Perche' ci sono quelli che non vogliono apparire e quelli che devono apparire per forza...

giovedì, gennaio 26, 2006

Porquè Robinho hizo un golazo y 22 anos...

El Madrid vuelve a ser un vehículo de alta fiabilidad, con un piloto joven y atrevido que con el balón en los pies es tan descarado como Fernando Alonso. Se llama Robinho da Souza (¡feliz cumpleaños, chaval!) y sale a genialidad por partido. Ronaldinho tardó dos años en adaptarse a Europa. Robinho sólo cinco meses... Si se votase ahora para elegir el Balón de Oro, este jugador 10 entraría con seguridad en el podio. Su golazo fue de manual. Iker a Zidane, Zizou a Beckham, David a Robishow, Varela al suelo, finta mágica y mano a mano perfecto. Doblas doblado y el Bernabéu en pie. Es el nuevo Madrid. El del Salvador López Caro. ¡Imparable!


Perche' quando l'eta' diviene un dettaglio anche una foto diviene senza tempo... AUGURI MARCO !!!


Porque' nunca sabes de cual de los chupitos tienes que empezar...

Perche' non sai mai che birra scegliere e forse diventa piu' logico prenderle tutte e due...
Perchè prima o poi ci si trova ad un bivio
Gli inglesi le chiamano "Sliding Doors". Sono le comuni porte scorrevoli, letteralmente. Indicano quel momento, nella vita di ogni persona, in cui varcare quelle porte può voler dire cambiare il proprio destino. Da noi quell'istante viene più semplicemente definito "bivio". E credo che il termine sia più adatto. Perchè in molti casi l'eventuale svoltan non è frutto del caso, ma può essere la conseguenza di una nostra scelta ponderata. E ragionata.
Il famoso bivio torna oggi di grande attualità per una trasmissione più o meno interessante condotta da Enrico Ruggeri (torna a fare il cantante please...). Il problema che riguarda la scelta è però molto meno irrilevante di quanto si possa pensare. Perchè ci sono scelte che possono davvero stravolgere il nostro futuro. La scelta della facoltà universitaria per esempio. O l'accettare o meno un'offerta di lavoro. Capitano delle opportunità, delle occasioni. Devono e possono essere sfruttate al meglio. Si può almeno. Il problema è però susseguente.
Cosa è "il meglio"? Accettare? O non accettare? E scegliere? E in caso, cosa? Nessuno può sapere quale sia la risposta ad interrogativi del genere. Nessuno potrà darci mai la controprova che la strada scelta al bivio sia stata quella giusta. O la migliore, quantomeno. A volte può valere a pena provare a mollare tutto per una speranza? O fare grossi sacrifici per un'illusione? Dipende. Dipende sostanzialmente solo dalla sicurezza e dalla determinazione con cui si affronta un certo percorso. Che può anche essere sbagliato, ma deve essere il frutto di una scelta ragionata e ben ponderata, per l'appunto. A cosa si può rinunciare? A tutto e a nulla.
Nessuno ci garantisce che non ci possa essere anche al termine del percorso intrapreso la stessa meta di quello a cui si "rinuncia". L'unica certezza è che una volta che ci si trova al bivio e si individua il cammino, non bisogna mai voltarsi indietro e occorre prendersi la responsabilità delle proprie scelte.

mercoledì, gennaio 25, 2006

Perchè se ci fosse un mondo perfetto noi non serviremmo a nulla

If (R. Kipling)

If you can keep your head when all about you
Are losing theirs and blaming it on you;
If you can trust yourself when all men doubt you,
But make allowance for their doubting too;
If you can wait and not be tired by waiting,
Or, being lied about, don't deal in lies,
Or, being hated, don't give way to hating,
And yet don't look too good, nor talk too wise;
If you can dream - and not make dreams your master;

If you can think - and not make thoughts your aim;
If you can meet with triumph and disaster
And treat those two imposters just the same;
If you can bear to hear the truth you've spoken
Twisted by knaves to make a trap for fools,
Or watch the things you gave your life to broken,
And stoop and build 'em up with wornout tools;
If you can make one heap of all your winnings

And risk it on one turn of pitch-and-toss,
And lose, and start again at your beginnings
And never breath a word about your loss;
If you can force your heart and nerve and sinew
To serve your turn long after they are gone,
And so hold on when there is nothing in you
Except the Will which says to them: "Hold on";
If you can talk with crowds and keep your virtue,

Or walk with kings - nor lose the common touch;
If neither foes nor loving friends can hurt you;
If all men count with you, but none too much;
If you can fill the unforgiving minute
With sixty seconds' worth of distance run -
Yours is the Earth and everything that's in it,
And - which is more - you'll be a Man my son!
Perchè la vita è un attimo e tutto il resto è infinito...
Soldati (G. Ungaretti)
Si sta
Come d'autunno
Sugli alberi
Le foglie

Porque' los tres caballeros te quieren en el equipazo de los ganadores...

Perche' non ci sono mai abbastanza persone a festeggiare...

Perche' se non hai qualcosa a cui attaccarti non hai speranza di resistere

Perche' non c'e' mai abbastanza vino...
Porque' hà uma grande guerra entre Benfica e FC Porto
Há grandes zangas de família que começam ao jantar. E há-as que, desencadeadas por causa de um jantar, põem em confronto pessoas que já estiveram juntas a defender o mesmo emblema, como sucede com Pinto da Costa, Reinaldo Teles e José Veiga, os nomes da mais recente discussão entre dirigentes do FC Porto e do Benfica, para cuja SAD o último se transferiu depois de ter abandonado a esfera das Antas. Desencadeada pelas versões desencontradas a propósito de um jantar deste último com um ex-árbitro assistente, há uma semana, em Penafiel, começou numa denúncia feita pelos portistas através da página oficial na internet. Veiga começou por responder com ironia e desvalorizar o encontro; quase uma semana depois, Pinto da Costa reagiu de forma mordaz e subiu a parada: chamou-lhe mentiroso e contou outra versão do jantar, acrescentando-lhe a presença de um árbitro no activo. Ontem, de manhã, o dirigente do Benfica devolveu a acusação, atribuindo-lhe a responsabilidade por 25 anos de mentiras e para o provar foi desenterrar histórias antigas.
No rescaldo da discussão, Reinaldo Teles, administrador da SAD azul e branca e companheiro de percurso de Pinto da Costa no clube, contou a O JOGO a origem desta relação que chega a parecer de ódio. Lamenta ter dado a mão ao "Zé", como chama ao antigo presidente da Casa do FC Porto no Luxemburgo. José Veiga, tal como Luís Filipe Vieira, presidente do Benfica, permanecem sócios do FC Porto. Pinto da Costa e Reinaldo Teles não são filiados no rival da Luz. É só uma curiosidade ou, se se preferir, mais uma acha para a fogueira, que há anos se alimenta de pormenores do género. Há tanto tempo que chega a ser preciso um glossário para ajudar a perceber a que se referem uns e outros.

Perche' all'uomo piace emanare delle leggi ma ancor piu' infrangerle e distruggerle...
Perchè bisogna conoscere i Grandi Vini Italiani... Il Morellino di Scansano
Il Morellino di Scansano D.O.C. rappresenta un altro importante anello della catena dei grandi vini della Toscana e, attualmente, sta vivendo un momento di grande attenzione per i numerosi investimenti che si stanno compiendo nel suo territorio per la definitiva affermazione di questo vino. La zona di produzione è situata nella parte meridionale della regione, nella zona compresa tra i fiumi Ombrone ed Albegna, contraddistinta da un tipico andamento collinare che dà origine a paesaggi dolci e affascinanti.
Numerosi sono i comuni che ne fanno parte tra cui, in primo luogo, l'intero comprensorio di Scansano da cui deriva anche il nome del vino, ed altri come Manciano, Magliano in Toscana, Grosseto, Campagnatico, Semproniano e Roccalbegna, che hanno interessata solo una parte dei rispettivi territori. Le altitudini medie oscillano da poche decine di metri sopra il livello del mare fino ad oltre 500 metri contribuendo, insieme alle innumerevoli tipologie di terreni e microclimi presenti, a renderla una delle più varie zone D.O.C. della Toscana. Si passa, infatti, da terreni sabbiosi ad altri ricchissimi di scheletro, da terreni profondi ad altri più poveri ed aridi mentre il clima in generale è molto caldo e secco, con una piovosità media annua relativamente bassa. Questa variabilità è sicuramente la gran forza del territorio che offre la possibilità di produrre vini di forte personalità e difficilmente standardizzabili. Su un’estensione totale del territorio di 58.000 ha, adesso, sono iscritti all’albo dei vigneti “Morellino di Scansano” D.O.C. poco meno di 400 ettari. Nell’arco di pochi anni comunque, in seguito agli investimenti effettuati, si prevede di arrivare a circa 1400 ha, con una potenzialità produttiva a regime intorno a 100.000 hl che corrispondono a circa dodici milioni di bottiglie, a fronte degli odierni tre milioni. Secondo l’attuale disciplinare di produzione, il vino “Morellino di Scansano” che, con il decreto del Presidente della Repubblica del 6 gennaio 1978 ha ottenuto la denominazione d’origine controllata (D.O.C.), può essere prodotto con un minimo dell’85% di Sangiovese (conosciuto nella zona come Morellino) e con un massimo del 15% di altre uve a bacca rossa appartenenti ai vitigni “raccomandati ed autorizzati” per la Provincia di Grosseto (autoctoni e non, quali il Ciliegiolo, l’Alicante, il Colorino, il Merlot, il Cabernet ed altri). Il titolo alcolimetrico complessivo minimo previsto dal vigente disciplinare è di 11,5 gradi per il Morellino di Scansano e di 12 gradi per il Morellino di Scansano Riserva, per il quale è disciplinato un invecchiamento non inferiore ai due anni, di cui almeno uno in botti, preferibilmente di rovere. La produzione massima consentita è di 120 q.li di uva per ettaro, con una resa potenziale massima del 70%. I vigneti possono essere adibiti alla produzione di vino a denominazione di origine controllata solo a partire dal terzo anno dall’impianto, mentre il vino può essere messo in commercio dal 1° di Marzo dell’anno successivo alla vendemmia. Il vino Morellino di Scansano è caratterizzato da un colore rosso rubino intenso tendente al granato con l’invecchiamento, una limpidezza brillante, un odore vinoso e, dopo l’invecchiamento, profumato, etereo, intenso, gradevole, fine; il sapore è asciutto, austero, caldo, leggermente tannico. E’ in fase di istruttoria una proposta di modifica dell’attuale disciplinare di produzione che riguarderanno l’obbligo dell’imbottigliamento entro la zona di produzione, l’aumento della gradazione alcolica di mezzo grado per il Morellino di Scansano e per il Morellino di Scansano Riserva (rispettivamente a 12° e 12.5°), la diminuzione delle rese massime per ettaro da 120 a 90 Q.li e l'aumento della densità dei nuovi impianti che non potranno essere inferiori a 3700 ceppi per ettaro.
La produzione del Morellino, al momento attuale, si pone ai massimi livelli dell’enologia nazionale e internazionale con importanti elementi di distinzione e di tipicità, quali la notevole espressione del frutto insieme con un colore molto profondo e concentrato e aromi intriganti. Il buon livello qualitativo raggiunto è solo l’inizio di ciò che il territorio può offrire, in quanto la maggior parte degli investimenti nei vigneti e nelle cantine sono stati effettuati nel corso degli ultimi anni e stanno iniziando solo ora a dare i loro frutti.

martedì, gennaio 24, 2006

Perche' White Knight non deve contraddirmi
"Timeo danaos et dona FERENTIS", è in un verso dell’Eneide (Liber II, 49, che vale la pena di leggere..!) ed è "messo in bocca” a Laocoonte, quindi è una pura creazione di Virgilio. Non dovete saltare leggendo FERENTIS, o ancor peggio provare a correggermi come ha fatto il mio amico White Knight (a cui peraltro oggi faccio tanti auguri essendo nato lo come me il 24.1.1983) perchè è giusto così. Fino al Primo Secolo dopo Cristo l’accusativo plurale del participio presente era appunto ferentis. Solo successivamente è comparso ferentes. Ragione per cui, se si vuole citare Virgilio bisogna scrivere e dire “ferentis”. E poi l'ha scritto Virgilio, quindi avrebbe comunque potuto permettersi tutte le concessioni poetiche del caso... Se ci si vuole accodare, ai più si dica pure ferentes. Leggere l’Eneide (II, 49) per credere.

Perche' con la bocca si puo' mandare un bel bacio, gustare una fetta di limone o piu' semplicemente ridere mostrando sorpresa...


Perche' ogni tanto sono gli amici quelli che ti guardano le spalle...

domenica, gennaio 22, 2006


Perche' pochi luoghi di Roma hanno la magia del Pantheon
Perche' bisogna conoscere i capolavori dell'architettura... Il Pantheon

Il Pantheon è il monumento romano che vanta il maggior numero di primati: è il meglio conservato, ha la cupola in muratura più grande di tutta la storia dell'architettura, è considerato l'antesignano di tutti moderni luoghi di culto, ed è stata l'opera dell'antichità più copiata ed imitata. Michelangelo la considerava opera di angeli e non di uomini.
Il punto in cui sorge non è casuale ma è un luogo leggendario della storia della città. Secondo una leggenda romana, infatti, questo era il posto dove il fondatore di Roma, Romolo, alla sua morte fu afferrato da un'aquila e portato in cielo fra gli dei. Il nome deriva da due parole greche pan, "tutto" e teon "divino", in origine infatti il Pantheon era un piccolo tempio dedicato a tutte le divinità romane. Fatto erigere tra il 25 e il 27 a.c. dal console Agrippa, prefetto dell'imperatore Augusto, l'edificio attuale è opera di successive e imponenti ristrutturazioni.
Domiziano nell'80 d.c, lo ricostruì dopo un incendio, trent'anni dopo colpito da un fulmine prese nuovamente fuoco. Fu allora ricostruito nella sua forma attuale dall'imperatore Adriano, sotto il cui regno l'impero di Roma raggiunse il culmine del suo splendore, ed è probabile che la struttura attuale sia frutto proprio del suo genio eclettico dai gusti esotici. Infatti, il Pantheon unisce ad una struttura cilindrica, di chiaro stampo romano, lo splendido colonnato esterno d'ispirazione greca. Benché la nuova struttura risultasse molto diversa da quella originale l'imperatore Adriano volle che sulla facciata fosse apposta un'iscrizione latina che tradotta significa "Lo costruì Marco Agrippa, figlio di Lucio, console per la terza volta". Nel 609 il tempio fu donato dall'imperatore Foca a papa Bonifacio IV e fu trasformato in chiesa, cosa che favorì la sua ottima conservazione fino ai giorni nostri.
Quasi tutto quello che vi si può ammirare risale ad epoca romana, persino la cupola alta 43,4 m e la massiccia porta di bronzo. Il porticato è decorato all'interno da pregiati marmi policromi e presenta nella facciata 16 colonne monolitiche di granito che sono alte ben 14 m. L'interno presenta una pianta circolare caratterizzato dalla maestosità della cupola a cassettoni. L'unica apertura è al centro della cupola e crea un effetto luminoso che esalta la grandiosità e l'armonia del monumento. Nelle cappelle dell'interno si trovano distribuite numerose opere d'arte ed inoltre vi sono le tombe dei reali d'Italia, di Baldassarre Peruzzi e di Taddeo Zuccari e, in special modo, il sepolcro di Raffaello.


Porque' hà clubes como o FCP que sao uma naçao e naçoes que sao clubes...


Perche' ci sono persone che sono belle in foto e non dal vivo e persone che come le guardi le guardi...

Perche' nomi del genere alle salite dalle pendenze infauste
Perche' vorrei sapere chi non ne ha dette di tutti i colori (e anche in bianco e nero...) mentre si arrampicava per la Calle Jesus, e non si e' impaurito solo al vedere la Cuesta de Sancti Spiritus da ubriaco... ma poi perche' a Salamanca alle strade cosi' dure danno nomi del genere???

Perche' ci sono bulgare e bulgare...
Perche' bisogna togliere la Coppa al Marsiglia
L’Uefa avrebbe dovuto togliere all’Olympique Marsiglia la Coppa dei Campioni del 1993. Perché fu dimostrato che aveva vinto in modo illecito la partita di campionato a Valenciennes. Garantendosi lo scudetto ma, soprattutto, risparmiando energie per la finale europea, in programma sei giorni dopo a Monaco di Baviera. I rossoneri di Capello avendo vinto tutti e dieci gli incontri di Coppa facevano paura.
Tapie voleva prendersi un vantaggio su di loro: corrompere il Valenciennes gli sembrò un’ottima idea. Avrebbe affrontato il Milan con una squadra più fresca e serena. Lo scandalo venne fuori quasi subito e la Federazione francese non ebbe tentennamenti: scudetto revocato, esclusione dalle coppe per l’annata successiva, comprese Intercontinentale e Supercoppa. Più squalifiche per corruttori e corrotti.
C’erano gli estremi perché l’Uefa intervenisse. L’illecito in campionato aveva l’obbiettivo di alterare la finale di coppa: infatti venne compiuto nell’immediata vigilia, non qualche settimana prima o dopo. Sarebbe stato doveroso punire le conseguenze della corruzione: il Milan aveva giocato in condizioni di svantaggio, non era giusto consentire all’Olympique di raccogliere i frutti della propria disonestà.
Ma l’Uefa se ne lavò le mani come se i due fatti non fossero legati, la causa non avesse prodotto un effetto. Ora Eydelie (mediano di quella squadra, già squalificato per l’illecito) rivela che tutti i giocatori marsigliesi, tranne Völler, vennero dopati per affrontare il Milan. L’Uefa ha il dovere d’indagare, appurando se esistono riscontri in tal senso, o la notizia serve a far vendere il libro scritto dal giocatore. Nessuno rischia più una squalifica: non dovrebbe essere arduo arrivare alla verità. Ci sarebbe, eventualmente, una ragione in più per togliere la coppa all’Olympique, dandola alle vittime dei loro trucchi, i gloriosi Invincibili di Capello.
Perche' il Marsiglia riusci' a battere il Milan degli Invincibili
Raymond « la Science » spostava le tazze sul tavolo e spiegava con quale tattica, con quali movimenti dei giocatori aveva annientato l'invincibile Milan berlusconiano. All'hotel Bachmair sul Tegernsee, appena fuori Monaco di Baviera, che ospitava il Marsiglia, era quasi l'alba. Raymond Goethals, uno dei santoni del calcio mondiale (la scienza, appunto), si godeva il trionfo. Basile Boli, l'homme du match, imitava Aretha Franklin. Chissà che cosa starà pensando Goethals, ovunque sia, ora che un'altra ombra — non è la prima e non sarà l'ultima — offusca uno dei suoi capolavori strategici. Riposi in pace, perché questa partita pace non l'avrà mai. Olympique Marsiglia-Milan 1-0 (gol di Boli, 44' p.t.), finale di Coppa dei Campioni, 26 maggio 1993, Monaco di Baviera, Olympiastadion, diventerà, fatte le debite proporzioni, come uno dei grandi misteri tra cronaca e storia: l'affondamento del Titanic, l'assassinio di Kennedy, la famosa foto dei Beatles ad Abbey Road, il suicidio di Tenco. Un avvenimento a più voci, prospettive, sospetti.
L'ultimo incrocio con la cronaca riguarda le confessioni di Jean-Jacques Eydelie, ex centrocampista dell'OM. Intervistato dall'Équipe magazine, Eydelie ha fatto alcune anticipazioni del libro che uscirà il primo marzo. Ecco quella, clamorosa, che riguarda Marsiglia-Milan. «In tutti i club in cui ho giocato, Bastia a parte, ho visto praticare il doping. La finale di Coppa dei Campioni del 1993 è stata, per quello che mi riguarda, l'unica occasione in cui ho accettato di farlo anch'io. Ci fu una seduta obbligatoria di iniezioni. Solo Rudi Voeller si rifiutò. Durante la partita mi sono sentito diverso, il mio fisico rispondeva in modo differente allo sforzo». Si racconta che Rudi Voeller li abbia «scoraggiati» in tre lingue.
Il Milan ha subito incaricato l'avvocato Leandro Cantamessa di valutare gli aspetti legali della faccenda. Difficile immaginare a cosa porterà la «valutazione», attorno a quella partita e al caso Marsiglia c'è un groviglio. Tutto comincia il 20 maggio '93 a Valenciennes, dove la squadra di Bernard Tapie ipoteca (1-0, gol di Boksic) il quinto titolo francese consecutivo. Due giorni dopo, sabato 22, il gruppo sale a Notre Dame de la Garde, la Chiesa che domina (154 metri) e protegge Marsiglia, per chiedere la grazia di battere il Milan. Goethals giocava con i fanti e pure con i Santi. Però un fantaccino aveva rotto le file. Jacques Glassmann denuncia i compagni del Valenciennes. Gli daranno una medaglia, scriveranno un libro su di lui, ma finirà a correre dietro a un pallone all'isola della Reunion, in mezzo all'Oceano Indiano. Lui, almeno, parlò subito. Jean Pierre Papin ci mise due anni, prima di rivelare: «Due giocatori del Milan vendettero la Coppa. Il Marsiglia comprò la finale, io avvertii anche Berlusconi». Accuse precipitate in un'assenza di riscontri, ma ora Eydelie conferma: «Imbrogliare era diventata una seconda natura per il Marsiglia. Quasi tutti i giocatori, negli anni, hanno partecipato all'aggiustamento di partite». Soldi ma anche donne. Marie-Christine Robert, moglie di uno dei corrotti, ricevette da Eydelie una busta con i 250 mila franchi nel parcheggio di un hotel. Christine Eydelie, invece, testimoniò che il marito li aveva ricevuti dal direttore sportivo del Marsiglia, Pierre Vernès, poi finito in carcere. Vi transitò anche Bernard Tapie, l'anti-Berlusconi. Socialista, decisionista, da qualche mese, in Francia, è al centro di un caso di revisionismo: secondo una corrente di pensiero, fu un complotto a perderlo. Di pressioni su Eydelie — in cambio di sconti di pena — si parlò anche allora. Nel frattempo Tapie si è riciclato come attore, con un certo successo. Anche se la sua parte migliore è stata in questo film. Marsiglia-Milan, il mistero senza fine.

sabato, gennaio 21, 2006

Perche' l'amore puo' non bastare
Perche' non si puo' amare a prescindere
Perche' l'amore va coltivato e deve essere meritato
Perche' forse alcune persone devono mettersi da parte
Perche' l'unico desiderio dell'amore e' quello di compiere se stesso
Perche' quando l'amore chiama bisogna seguirlo, anche se le sue vie sono ripide e dure
Perche' l'amore come ti incorona cosi' ti crocefigge come ti fa volare cosi' ti butta giu'
Perche' bisogna sapersi abbandonare alle ali dell'amore
Perche' l'amore non offre niente, se non se stesso, e non prende niente, se non da se'
Perche' l'amore non possiede e non vuol essere posseduto
Perche' l'amore basta all'amore

Perche' capisci che continuare a sbattere la testa non serve a nulla e forse sarebbe meglio iniziare ad ascoltare le persone che ti sono intorno e imparare a perdonare
Perche' nemmeno quest'anno l'Italia vincera' i Mondiali
Lippi è ottimista. Confortante. Dovrebbe esserlo persino se nutrisse dei dubbi: glielo impone il ruolo. Un generale deve rasserenare la truppa, non alimentarne i timori. Ma il sorteggio è stato pessimo. Non basterà qualificarsi, bisognerà vincere il girone per evitare il Brasile. Sarà durissima perché non abbiamo mai battuto i cechi da cui fummo fatti fuori nell’Europeo del 1996 (con Sacchi) e da cui siamo stati preceduti in Portogallo, quando l’arbitraggio di Collina li defraudò della finale. Gli azzurri dovranno versare fiumi di energia nelle prime tre gare: handicap pesante da sostenere nelle successive sfide ad eliminazione diretta. Fra le molte sciocchezze sentite sul sorteggio ce n’è una inaccettabile: «Nessuna differenza fra rivali forti o deboli, tanto si devono affrontare tutti». In campionato sì, in queste competizioni no. Anzi, sono proprio la diversa qualità degli impegni ed il risparmio energetico ad incidere sul cammino. Si dovrebbe trovare un sistema meno aleatorio del sorteggio per distribuire più equamente le difficoltà. La fortuna sarà anche cieca, ma ha favorito in modo indecente la Germania padrona di casa, trescato spudoratamente con la Francia, fatto doveroso atto d’omaggio al Brasile, strizzato l’occhio ad Inghilterra e Svezia, protetto Messico e Portogallo, messa sotto il suo mantello la Spagna.
Invece non aveva simpatia per Argentina, Italia e quelle scocciatrici di Olanda e Repubblica Ceca: si scannassero fra di loro. Se non si trattasse di sorteggio, con tanti campioni perbene a palpeggiare le palline, ci sarebbe da insospettirsi per l’assoluta somiglianza fra quanto riservato ai sudamericani e a noi. Debutto contro due africane: Costa d’Avorio e Ghana. Ottime squadre con grandi talenti (Drogba, Essien, Appiah, Muntari, Kuffour ecc.) e risorse atletiche strepitose. All’inizio di questi tornei sono difficili da domare. Nel ’90 il Camerun batté l’Argentina mondiale di Maradona, nel 2002 il Senegal piegò la Francia di Zidane. Poi calano per problemi di tenuta e concentrazione, ma sono un antipasto duro da digerire. Al secondo turno noi abbiamo gli Usa e loro la Serbia Montenegro. Gli americani sono alla quinta qualificazione consecutiva, in Oriente fecero meglio di noi uscendo solo nei quarti per 1-0 con una Germania agevolata dagli arbitri. Hanno vinto la Gold Cup ed il gruppo Centro-Nord davanti al Messico. I serbi sono finiti primi nel girone davanti alla Spagna, segnando 16 gol e prendendone uno. Solo il ranking Fifa (un’indecenza tecnica, una classifica incoerente e condizionata dalla Coca Cola) può collocarla al 47° posto. Infine Argentina ed Italia si giocheranno il primo posto con Olanda e Repubblica Ceca (avvantaggiate dall’aver affrontato le africane un po’ ammorbidite), piazzate meglio di loro in classifica: terza e seconda. Gli azzurri non hanno mai battuto questi avversari (un pari e due sconfitte, 3 gol fatti e 5 subiti). Massimo equilibrio anche con la vecchia Cecoslovacchia: 9 vittorie, 9 pareggi, 8 sconfitte, 39 gol fatti e 38 presi. Unica consolazione: l’Olanda ha preceduto i cechi nettamente nella fase eliminatoria e noi ci siamo comportati molto bene contro la squadra di Van Basten, seppur impoverita da molte assenze.
Le cifre del ranking (pur in gran parte inattendibile) indicano il nostro come il girone più duro. Perché l’Italia (numero 12) pur essendo testa di serie ha due rivali meglio piazzate: Repubblica Ceca (2) ed Usa (8). Aggiungendovi il Ghana (pur sottovalutato, 50) il valore totale (60) dei rivali è il più basso. L’Argentina (4) assomma 91 punti, ma Serbia e Costa d’Avorio valgono più dei posti assegnatigli. Idem per il Messico (7) che contenderà il primo posto al Portogallo; Iran ed Angola però le faranno correre. Per la Germania (16) strada spianata, nonostante il punteggio dei rivali (81) fra cui la Polonia farà da damigella. Pur con tutto il rispetto per la Croazia (Giappone ed Australia sono inferiori) il Brasile (1) risparmierà forze. Le rivali toccano quota 84. Ancora più deboli quelle dell’Inghilterra (9) nonostante la presenza della Svezia (in tutto 95). Quota 100 per le rivali della Spagna (6): ma Ucraina, Tunisia e Arabia Saudita sono impegnative. Quota 121 per le rivali della Francia (5), la meglio trattata. Platini conta o ha tanta fortuna? Dovessimo vincere il girone e battere eventualmente la Croazia, potremmo trovarci nei quarti con i cugini. Loro sarebbero molto più riposati.

Perche' ci sono dei giorni in cui nessuno puo' farti cambiare idea e hai voglia solo di continuare a sbattere la testa
Perche' non potrai piu' fare a meno dell'iPod

Hai perso la puntata della tua fiction preferita? Niente paura, puoi scaricarla sull'iPod...
Le partite di football si vedono sull'iPod, e anche i cartoni animati. Con i nuovi iPod video, gli ultimi gioiellini nati dalla "mela" più famosa del mondo, ora si può, almeno negli Stati Uniti. Infatti grazie a un accordo tra Robert Iger della Walt Disney Company e Steve Jobs della Apple si possono scaricare dal sito dell'iTunes Music Store le partite di football registrate dalla Abc (del gruppo Walt Disney) e alcune trasmissioni sempre delle emittenti della Disney, l'Espn, la Abc Family, la Touchstone Television e la Disney Channel. Si potranno quindi scaricare, al costo di 1,99 dollari, oltre ai match sportivi, le puntate degli show per la famiglia come Wildfire, i cartoni animati come Kim Possibile o la serie The O.C. (in arrivo). Non servirà più quindi precipitarsi a casa per paura di perdere il cartone animato o la serie preferita, basterà avere a disposizione un iPod, anche per i più piccoli, arrivare a casa e scaricare la puntata persa. Si allarga, anzi si abbassa il target di riferimento (in termini di età) delle aziende che producono tecnologia ed entertainment, e cresce anche il livello di spesa che i giovani sono disposti ad affrontare per avere nello zaino l'ultimo gadget ipertech. Lettori Mp3 e cellulari i preferiti. Ma quanto costano? Il più famoso, l'iPod, appunto, parte da 99 euro (lo Shuffle da 500 Megabyte) per arrivare ai 449 dell'iPod Video da 60 Gigabyte di memoria. I cellulari? Ormai non ci si accontenta più del telefonino che "telefona" ma si vuole quello che scatta le foto e che riproduce la musica e anche qui la spesa minima si aggira intorno ai 200 euro.

venerdì, gennaio 20, 2006


Perche' non si puo' mai pensare che tutto sia scontato
Perche' Carolina portabandiera alle Olimpiadi

Perche' scegliere un'atleta giovane, giovanissima, come portabandiera azzurra alle Olimpiadi di Casa. Quelle di Torino. Quelle che al BelPaese mancavano da quando Berruti volava all'Olimpico con la colomba bianca a soffiare a suo favore e Bikila trionfava scalzo nella piu' epica delle maratone. Perche' Carolina? Perche' cugina di Isolde, ritiratasi da qualche giorno e portabandiera a Salt Lake City? Perche' e' giovane e carina non basta per spiegare una scelta. Contestata da piu' parti. Perche' non Ghedina, che di anni ne ha 37 e per spensieratezza e prestanza, ma anche risultati e' piu' di chiunque altro emblema dell'Italia del bianco nel mondo. Perche' non Gabriella Paruzzi, Fabio Carta, Gerda Weissensteiner o Armin Zoeggeler, che quanto a risultato non sono secondi a nessuno. Perche' Carolina, che i risultati, in fondo, non li ha (quasi) mai raggiunti. Perche'? A Lione e' stata la stessa Carolina a dirci perche'. E la sua risposta, sul ghiaccio e' stata piu' significativa di tutti i fiumi di parole spesi da Petrucci per difendere la sua scelta.
L'altro giorno del podio sentiva solo il profumo. Ora ci può salire sopra. Carolina Kostner, quinta dopo il corto, non ha tradito se stessa e il pubblico: agli Europei di figura sul ghiaccio la medaglia di bronzo pende dal suo collo. Davanti le stanno le russe Slutskaya (punteggio complessivo 193.24: settimo titolo continentale, record assoluto), dominatrice come da copione e Sokolova (177.81). Ma dietro rimangono tutte le altre, prima tra tutte la svizzera Meier, terza al termine della prima giornata. La dimensione storica dell'impresa merita di essere spiegata: il miglior risultato tricolore nella competizione resta l'argento di Rita Trapanese a Goteborg 1972, ma l'ultima medaglia era vecchia di 26 anni. Datato 1980 è, infatti, il bronzo dell'oriunda Susan Driano. La 18enne di Ortisei, che ha chiuso con 112.41 il libero (e 172.45 punti complessivi, dopo il 60.04 del corto con cui ha sfiorato il personale), si avvicina così come meglio non avrebbe potuto all'Olimpiade di Torino 2006. L'8 febbraio compirà 19 anni. Due giorni dopo sarà la portabandiera azzurra. Potrebbero diventare i "suoi" Giochi: questo hanno detto gli Europei di Lione, senz'altro sara' la "nostra" degna e bellissima portabandiera.

Perche' a volte quando inizia a nevicare gli amici servono anche per offrirti un riparo sicuro dai fiocchi che cadono inesorabilmente...

Perche' Micki mi depenna dalla sua agendina se non entra con il suo bel faccino sul blog...

Perche' lo splendore di una Notte Stellata va contemplato virtuosamente
Perche' bisogna conoscere i capolavori della pittura... La Notte Stellata
Con analisi della diversa visione della Luna in Van Gogh e Leopardi
Dipinto nel 1889, "La notte stellata" di Vincent Van Gogh (di cui esistono, per altro, molteplici versioni) rappresenta forse, più di ogni altra opera del grande pittore olandese, la summa della sua concezione naturalistica, non tanto in termini strettamente filosofici, ma nel senso del suo rapporto quotidiano, visivo, con il mondo esterno e, nella fattispecie, col firmamento.
Se osserviamo le dimensioni attribuite alle figure, prevale la volta stellata, il cielo maculato di astri, di bagliori e di aureole. È evidente l'intento dell'autore di rappresentare un mondo sensibile, che affascina, stupisce, ammalia, per la sua grandiosità, per l'energia che può emanare. La nota carica espressiva di Van Gogh fa sì che il cielo copra il paesaggio sottostante, quasi ad avvolgerlo, a proteggerlo "affettuosamente" in un largo e materno abbraccio. I colori della volta celeste si riflettono sulle case, sulle montagne, sui colli, ed ecco che una miriade di tasselli blu, gialli, verdi, si giustappongono, si accostano, si mescolano, riportando alla mente le composizioni divisioniste di Seurat.
Non mancano, tuttavia, nel dipinto aspetti enigmatici, inquietanti (come, ad esempio, la presenza in primo piano del cipresso, con la sua imponente sagoma scura, che sembra ricondurre immediatamente l'osservatore alla realtà dell'umano destino) resi ancor più "palpabili" dalla pennellata corposa, materica, impressa sulla tela con un'energia che non è solo muscolare o fisica, ma proviene dal profondo dell'animo.
Ancor prima dei soggetti dipinti, è proprio quest'istintività, questa forza compositiva ad indicare il travagliato rapporto dell'artista con la realtà del mondo e della vita. Tutto parla d'incanto nella tela. Infatti, magico e fatato appare il piccolo villaggio che dorme, rischiarato dalla luna nel cielo. Eppure il tratto tortuoso, spezzato, talvolta cupo, rivela l'indubitabile tormento interiore dell'autore. Al contempo, la scelta di tonalità calde, presenti qua e là, come il giallo e l'arancio, contribuiscono a rasserenare l'animo e ad offrire una sensazione di bellezza e di vita. Analogamente, i flussi atmosferici (o se si vuole, le nebulose astrali) risolti in forme turbinose e spiraleggianti, sembrano possedere un impeto e una vita non propri, e autorizzerebbero perciò ad adombrare una matrice superiore, divina.
Dunque, Van Gogh, pittore spesso solare, di girasoli, di campi di grano, di prati, non ha potuto sottrarsi al fascino di un paesaggio illuminato dalla luna, vissuta nel suo cuore come faro prezioso o addirittura sole della notte, ma la composizione è comunque tinta da una vena malinconica, che lo accomuna ad altri artisti dell'Ottocento, fra cui il nostro Leopardi.
Il tema del firmamento, in particolare della luna, è presente in molti poeti ed anche nel Recanatese, pur se in quest'ultimo assume volutamente le caratteristiche del quesito profondo, della riflessione filosofica, della speculazione metafisica. Pure Leopardi riflette sul rapporto uomo-natura e sull'impossibilità dell'individuo moderno di vivere un'esistenza appagante ed armoniosa con la realtà della vita. Calzante ci sembra l'esempio del Canto notturno di un pastore errante dell'Asia, nel quale ancora una volta viene espresso il suo pessimismo cosmico. E forse vale la pena di completare il raffronto tra i due artisti, notando che il paesaggio di Van Gogh è fisico, concreto, anche se poi finisce con l'indurre chi osserva a considerazioni sovrasensibili ed esistenziali, mentre la luna descritta da Leopardi è silenziosa, astratta, tutto sommato lontana, troppo lontana dagli uomini per poter fornire delle risposte ai tanti interrogativi che essi si pongono e che, molto spesso finiscono per farli smarrire, come sempre succede di fronte ad un imperscrutabile mistero.
La Luna di Van Gogh (che pure è artista tormentato da vicende sue personali, oltre che dalla, più o meno cosciente, partecipazione agli eventi del tardo decadentismo) ha il calore, la suggestione e l'energia per consolare, quella di Leopardi appare soltanto un enorme sasso in mezzo al cielo, che non ha ragione di esistere, perché nulla può fare per l'uomo, se non illuminargli, materialmente, il cammino.
La luna di Van Gogh è romantica, amica, calda come la passione impetuosa e travolgente per la vita, quella del Leopardi è una luna più razionale, fredda, ma non per questo meno bella e struggente.
Ciò che accomuna i due artisti non è, ovviamente, la loro collocazione temporale all'interno del medesimo secolo, ma l'uguale sentire e il lirico sgomento di fronte alla varietà dell'esistente.

Perche' ci sono persone che sanno fare del ballo un'arte

Perche' quelli che stanno bene insieme hanno cosi' tanta luce che rende incolore tutto quello che li circonda...

Perche' quando la Roma e' un mestiere oltre che una fede non lo si dimentica nemmeno al mare

Perche' quando qualcuno ti guarda cosi' come si puo' non far passare tutto il resto in secondo piano...?

Perche' quando si vuole stare insieme si sta insieme, quando non si puo', non si puo', ma tanto Mattia e' un maledetto lo stesso...
Perche' il tempo non basta mai

Ci chiediamo mai perche' il tempo che si passa con le persone piu' care non ci basta mai, mentre spesso ci sembra di avere tonnellate di momenti vuoti nelle nostre giornate? Siamo come degli atleti. L'allenamento continuo rende meno arduo da raggiungere un qualunque nuovo obiettivo. L'ozio inibisce anche dalla speranza di prefigurarselo, il nuovo obiettivo. Stare con una persona cara e' talmente bello che si ha sempre bisogno di un nuovo momento da passare insieme, di un nuovo traguardo da raggiungere per l'appunto. Il Tempo non basta mai. E lo stress ed il ritmo frenetico che accompagna le nostre giornate contribuisce a restringere gli attimi di serenita'. Bisogna quindi venirsi incontro. Ma non sempre e' facile. Per farlo occorre rinunciare a tante cose. E non tutti ci riescono. Non tutti hanno la forza di dire quello che vogliono fare. Di fare quello che preferiscono. Di dire ad un amico "oggi vado con" e non con te. Non ci si riesce. A volte in tanti preferiscono l'omerta'. Forse fanno bene cosi'. Forse stanno bene cosi'. Forse e' meglio stare male per non stare peggio. Forse e' meglio mantenere rapporti di facciata. E far finta che ci siano cose che si possono rimandare. Ma stare con le persone con cui si sta meglio e' qualcosa che non si deve rimandare. Perche' e' qualcosa che non si puo' rimandare. Soprattutto perche' e' qualcosa che non si VUOLE rimandare. Perche' ogni momento futuro da poter passare insieme sara' un istante in piu'. E comunque non bastera' mai. Perche' il tempo per le persone piu' care non basta mai.

giovedì, gennaio 19, 2006


Perche' ad uno come Emilio non si puo' proprio non perdonare di dormire anche il pomeriggio...
Perche' bisogna conoscere i capolavori della scultura... Apollo e Dafne

Il gruppo di Apollo e Dafne e' una delle prime opere realizzate da Gian Lorenzo Bernini, ed e' gia' un esempio altamente mirabile della sua grande padronanza dei mezzi espressivi della scultura, che ne faranno uno dei piu' grandi scultori non solo del Seicento ma di tutti i tempi. La storia rappresentata riprende ovviamente il mito di Dafne, la fanciulla che per sfuggire ad Apollo chiese aiuto alla madre Gea che la trasformo' in pianta di alloro. Bernini concentra la sua attenzione sull’istante nel quale avviene la metamorfosi. Lo slancio di lì a qualche istante si bloccherà nella fermezza più assoluta, tuttavia Bernini riesce a farci sentire con tutta la struggente intensità possibile l’ultimo palpitante istante di vita. Tutto il monumento è come un arco teso per far scoccare una freccia, che in realta' non parte, ma che ci trasmette la sensazione di quell’attimo fuggente che e' la dinamica stessa della vita. Da notare che in questo svolgersi secondo un motivo ad arco, il gruppo ha visivamente uno sbilanciamento in avanti che lo rende altamente instabile. Si tratta ovviamente solo di un effetto ottico ma ottenuto con grande virtuosismo. Ciò rientra in pieno in quella nuova estetica diffusasi con il barocco, che ricerca sempre le linee curve, di contro a quelle rette, per esprimere slancio, vitalità, eleganza e movimento.
Perche' quando sei nato non puoi piu' tirarti indietro
Cominciare a giocare non e' uno scherzo. E la Roma sembra lo stia facendo. Spalletti sta plasmando una squadra di uomini prima che di giocatori. Che lottano su ogni pallone come nemmeno Iron Mike. Roba che un mese e mezzo fa nemmeno a pensarlo. La gamba non la toglie nessuno. E Totti che fa Totti. Ora che la Roma e' nata davvero, figlia di un passato che fu, di battibecchi con il Pibe di Barivecchia, quasi orfana del suo Grande Presidente Franco Sensi, deve cominciare a giocare. La Fiorentina e' a sette punti. Troppi forse. Ma la Sud vuole gente che lotta e che crede in quello che fa. E quando cominci a giocare non ti puoi piu' tirare indietro.

Perche' ci sono posti all'apparenza inutili dove si passano tanti di quegli istanti che finiscono col diventare insostenibili e magici